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venerdì 15 gennaio 2010

Mosca chiede i diritti doganali sul petrolio che la Bielorussia vende in Europa

Il brusco abbassamento della temperatura atmosferica ha causato un notevole aumento nella domanda di petrolio e, come è spesso accaduto negli ultimi anni, in questo periodo l’Europa si ritrova preoccuparsi per le scorte di energia e il loro transito verso l’Europa. Quest’anno, lo scontro tra paesi fornitori e paesi di transito, riguarda il petrolio e vede in prima linea Mosca e Minsk: la Russia intende passare ai prezzi di mercato anche con la Bielorussia e ha chiesto i diritti doganali sul petrolio che quest’ultima importa per raffinarlo e rivenderlo in Europa, esentando dalle imposte solo il petrolio destinato al consumo interno.
In Bielorussia il petrolio viene esportato attraverso le condutture dell’oleodotto Druzhba (letteralmente “amicizia”) che si apre in due rami: si dirige verso Polonia e Germania a nord, scende verso Ucraina e Slovacchia a sud, e si divide ancora verso Ungheria, Repubblica ceca e Croazia. Attraverso Druzhba passa circa la metà del petrolio che la Russia esporta nel continente europeo. Il Premier bielorusso Alexander Lukashenko ha posto le basi del proprio regime proprio grazie alle rendite derivate dalle esportazioni di petrolio, un settore chiave per l’intera economia di Minsk che, se la Russia dovesse prevalere nella disputa, quest’anno guadagnerebbe un miliardo di dollari in meno rispetto al 2009, andando ad incrementare la contrazione del proprio PIL. Com’era prevedibile i negoziati per il raggiungimento di un’intesa nelle contrattazioni petrolifere sono falliti, mettendo a rischio il transito di greggio verso l’Europa.

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