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mercoledì 23 settembre 2009

L'unione doganale auspicata da Mosca complica il negoziato con la Wto.

La Russia è il paese che, in risposta alla crisi economica, ha adottato il maggior numero di misure protezioniste tra i paesi del G-20. Per fare solo un esempio, nei mesi scorsi il governo ha imposto dazi sull'import di auto straniere per proteggere l'industria locale, e ha prorogato tale misura dopo aver constatato l'aumento delle vendite di automibili russe.
Questo, per Mosca, non favorisce certo l'ingresso nel Wto - l'Organizzazione mondiale del commercio - che non può sanzionare tali misure protezioniste finché la Russia non ne sarà un membro. Nonostante siano 16 anni che Mosca attende e uspica l'adesione alla Wto, la prospettiva di completare i negoziati a fine anno comincia a sfumare: il 9 giugno scorso Vladimir Putin ha annunciato che il negoziato con Ginevra è sospeso perché la Russia mira ad entrare nella Wto a capo di un'unione doganale con i Partner (Kazakhstan e Bielorussia) e che, tale unione, è considerata prioritaria rispetto all'adesione stessa.
L'ingresso di un'unione doganale non è prevista dallo statuto della Wto che ha reagito negativamente alla proposta di Mosca: il segretario generale della Wto, Pascal Lamy, ha affermato che il programma di Putin va, inevitabimente, a complicare e ad allungare il negoziato.
Alcuni tra più autorevoli economisti vedono nella linea di Mosca una conseguenza alla crisi economica che avrebbe spinto il governo russo a rivedere le proprie priorità: quest'ultimo sembra aver constatato che, nel momento attuale, restando fuori dall'Organizzazione i vantaggi sarebbero superiori agli svantaggi.

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