Gli investitori voltano le spalle anche alla Russia: l’indice Micex della Borsa di Mosca ha perso più di un quarto del suo valore e l’Rts è calato più del 40%.
Il mercato azionario russo, che dal 2009 in avanti aveva registrato un aumento costante, era considerato uno dei più solidi al mondo, tuttavia, ora che l’indice Micex ha perso più di un quarto del suo valore e anche l’Rts è calato più del 40%, gli investitori hanno cominciato a fare marcia indietro. Nel 2010 dal Paese sono usciti ben trenta miliardi di dollari, altri trentuno soltanto nei primi sei mesi di quest’anno e, secondo le stime di Boris Nemtsov, leader dell’opposizione, i prelievi di denaro potrebbero arrivare a anche a cento miliardi di dollari entro fine anno.
Mosca sostiene che la fuga degli investitori sia da attribuire al timore che anche la Federazione possa essere penalizzata dalla crisi economica internazionale e impoverita dal crollo dei prezzi del petrolio, tuttavia, gli esperti sostengono invece che la vera motivazione sia connessa alla nuova linea di politica economica che i mercati si aspettano in seguito alle dimissioni del Ministro delle Finanze Alexei Kudrin: ad avvalorare tale tesi vi è il fatto che persino i tycoon russi hanno iniziato a trasferire all’estero i propri capitali. La linea di politica economica di Alexei Kudrin aveva consentito a Mosca di mantenere per una buona stabilità fiscale per un decennio: le dimissioni del ministro, che avrebbero rappresentato una minaccia in ogni caso, rappresentano un rischio maggiore alla luce dell’attuale congiuntura economica internazionale.
Pesa, inoltre, la questione relativa al greggio: per mantenere i conti in attivo, come ha affermato Kudrin, il Paese, ha bisogno che il suo greggio sia acquistato ad almeno 112 dollari al barile, ma gli attuali prezzi di mercato si avvicinano a 105 dollari e questo potrebbe rendere necessario un controproducente piano di austerity.
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