Chelyabinsk, capoluogo dell’omonimo oblast, è uno dei grandi centri industriali degli Urali.
Negli anni ‘30, grazie ai piani di sviluppo sovietici, cominciò a svilupparsi la città di Chelyabinsk, che si allargò ulteriormente durante il secondo conflitto mondiale, quando il Cremlino, a causa dell’aggressione nazista, spostò negli Urali apparato produttivo e maestranze. Dopo la guerra furono creati nuovi stabilimenti e ve affluirono altri lavoratori: così Chelyabinsk è diventata una metropoli da 1,3 milioni di abitanti. Tra gli stabilimenti di maggior rilievo figurano quelli di Metran, che realizza misuratori energetici ed è stato rilevato dagli americani di Emerson, e Makfa, primatista nazionale della produzione di pasta e farina, fondato dal governatore dell’oblast Mikhail Jurevic. Tuttavia, la fabbrica più importante a livello produttivo è la ChTZ, la fabbrica di trattori che nel 1941, riconvertita alle esigenze belliche, iniziò a sfornare decine di migliaia di carri armati.
Il grande centro industriale non ha portato soltanto benessere alla popolazione: le fabbriche, con le loro scorie tossiche, inquinano l’ambiente da decenni. Verso la fine degli anni ‘40, fuori città, fu costruito il complesso nucleare di Mayak, dove si verificò l’incidente a causa del quale, nel ‘57, si sprigionò una quantità di radiazioni superiore addirittura a quella di Chernobyl. Tuttavia, la metropoli degli Urali ha una sfida molto difficile: se all’epoca dell’Urss era una di quelle città chiuse, a trazione industriale-militare, interdette agli stranieri, dopo il ’91, con gli investimenti dall’estero e l’arrivo dei primi stranieri in città, è riuscita ad aprirsi al mondo. Di conseguenza sono cambiate anche le abitudini e i costumi degli abitanti: accanto alle fabbriche e alle immagini tipiche della tradizione russa, sono sorti i centri commerciali e sono arrivati ristoranti che offrono piatti internazionali, multisale cinematografiche, supermercati con prodotti di qualità, moda, istituti bancari e rotte aeree.
Negli anni ‘30, grazie ai piani di sviluppo sovietici, cominciò a svilupparsi la città di Chelyabinsk, che si allargò ulteriormente durante il secondo conflitto mondiale, quando il Cremlino, a causa dell’aggressione nazista, spostò negli Urali apparato produttivo e maestranze. Dopo la guerra furono creati nuovi stabilimenti e ve affluirono altri lavoratori: così Chelyabinsk è diventata una metropoli da 1,3 milioni di abitanti. Tra gli stabilimenti di maggior rilievo figurano quelli di Metran, che realizza misuratori energetici ed è stato rilevato dagli americani di Emerson, e Makfa, primatista nazionale della produzione di pasta e farina, fondato dal governatore dell’oblast Mikhail Jurevic. Tuttavia, la fabbrica più importante a livello produttivo è la ChTZ, la fabbrica di trattori che nel 1941, riconvertita alle esigenze belliche, iniziò a sfornare decine di migliaia di carri armati.
Il grande centro industriale non ha portato soltanto benessere alla popolazione: le fabbriche, con le loro scorie tossiche, inquinano l’ambiente da decenni. Verso la fine degli anni ‘40, fuori città, fu costruito il complesso nucleare di Mayak, dove si verificò l’incidente a causa del quale, nel ‘57, si sprigionò una quantità di radiazioni superiore addirittura a quella di Chernobyl. Tuttavia, la metropoli degli Urali ha una sfida molto difficile: se all’epoca dell’Urss era una di quelle città chiuse, a trazione industriale-militare, interdette agli stranieri, dopo il ’91, con gli investimenti dall’estero e l’arrivo dei primi stranieri in città, è riuscita ad aprirsi al mondo. Di conseguenza sono cambiate anche le abitudini e i costumi degli abitanti: accanto alle fabbriche e alle immagini tipiche della tradizione russa, sono sorti i centri commerciali e sono arrivati ristoranti che offrono piatti internazionali, multisale cinematografiche, supermercati con prodotti di qualità, moda, istituti bancari e rotte aeree.
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