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martedì 23 agosto 2011

Mosca riduce le forniture di petrolio

La Mongolia importa da Mosca il 90% del petrolio che consuma: ora che il Cremlino ha deciso di ridurre le proprie forniture, la dipendenza energetica dalla Russia, potrebbe causare serie difficoltà ad Ulan Bator.

La Mongolia, situata tra la Russia a nord e la Cina a sud, condivide con la prima 3500 km di confine; la forte relazione bilaterale presente in passato tra i due Paesi era andata scemando in seguito alla dissoluzione dell'Urss: l'interscambio commerciale è diminuito dell'80% e Ulan Bator si è avvicinata sempre di più alla Cina. Tuttavia, la Russia, al fine di rafforzare la sua posizione in Asia e contrastare l'influenza del Dragone, aveva cercato di recuperare la vecchia alleanza. Nel 2000, infatti, l'allora presidente russo Vladimir Putin si era recato in visita ufficiale in Mongolia per firmare un importante trattato bilaterale: da allora Mosca ha abbassato i prezzi delle esportazioni di petrolio in Mongolia e ha rilanciato il commercio transfrontaliero.
L'economia mongola è trainata dal settore minerario e dall'allevamento; il primo lascia pesanti segni sull'ambiente, a scapito del secondo. Se si considera che la Mongolia ospita paesaggi rimasti inalterati per milioni di anni, si può intuire quanto sia profondo l'impatto ambientale dell'industria estrattiva. Inoltre, la Mongolia è il Paese con la minore densità demografica al mondo (1,7 abitanti/km2), e il suo spazio è oggetto d’interesse di molti: il governo ha già avviato una serie di trattative per consentire ai governi stranieri lo stoccaggio delle proprie scorie nucleari sul territorio mongolo. Se tali accordi dovessero andare in porto il Paese potrebbe trasformarsi nella più grande discarica radioattiva della Terra.
Ora anche dalla Russia arriva un provvedimento che minaccia la già complicata situazione di Ulan Bator: lo scorso maggio, una temporanea carenza domestica avrebbe indotto la Russia a ridurre le proprie forniture dirette alla Mongolia, provocando l'aumento dei dazi all'esportazione del 40%. Alcuni osservatori sostengono che la decisione di Mosca sia in realtà una mossa strategica che mira a spingere il governo mongolo ad adottare un atteggiamento di maggiore acquiescenza nei confronti del colosso eurasiatico.

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