Dopo un anno di assenza dallo scenario internazionale, la Russia ricomincia ad offrire cereali con una politica di prezzo piuttosto aggressiva, a scapito della concorrenza, cui sottrae importanti quote di mercato.
Nell’agosto dello scorso anno, in seguito ai danni provocati da siccità e incendi, che avevano portato alla perdita di circa un terzo del raccolto, Mosca aveva decretato il divieto totale di esportare cereali. In luglio le frontiere sono state riaperte e ne è conseguita una vera e propria corsa alla vendita, per liberare spazio all’interno dei silos da destinare al nuovo raccolto ma anche per riconquistare acquirenti e per approfittare dei prezzi internazionali, attualmente più elevati di quelli locali. Nelle ultime due settimane, in Russia, il prezzo del grano è diminuito di circa 1.000 rubli e la qualità benchmark costa poco meno di 5.000 rubli per tonnellata, ovvero quasi ma metà dell’attuale quotazione del frumento a Parigi. Ed è proprio il prezzo a fare la differenza: mentre storicamente lo scontro era di 10-15 $/tonn, oggi il grano russo viene offerto a 40-50 $ meno di quello francese.
Il mese scorso le esportazioni di cereali dalla Russia hanno raggiunto un record di 2 milioni di tonnellate e secondo la locale Unione cerealicola questo mese si potrà facilmente arrivare a 3,5 milioni: il presidente Arkady Zlochevsky, convinto che la Russia nella stagione 2011-12 potrebbe esportare fino a 25 milioni di tonnellate di cereali, almeno 5 milioni rispetto a quanto previsto dal Governo.
L’Egitto, maggiore acquirente mondiale di grano, in particole di quello russo, ha accusato Mosca di aver già cominciato a ritoccare al rialzo i suoi listini. Secondo quanto dichiarato da Nomani, vice presidente della Gasco - l’organismo statale che si occupa degli acquisti di materie prime - rispetto all’inizio di luglio il rincaro è stato del 5%. Per questo Nomani invita gli altri fornitori a farsi avanti, per accrescere la competizione e favorire così l’abbassamento dei prezzi.
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