Il 2011 è stato un anno piuttosto turbolento per la Federazione russa, alle prese con vecchie tensioni che si sono riproposte e nuove questioni da fronteggiare.
La sfavorevole situazione congiunturale, le vecchie questioni irrisolte e i nuovi problemi sorti sul piano internazionale e su quello interno hanno messo in difficoltà il colosso eurasiatico. Sul piano interno, anche a causa dei brogli nelle elezioni parlamentari di dicembre, si è inasprito il rapporto tra i cittadini e l’establishment russo, e l’attentato all’aeroporto di Domodedovo, avvenuto all’inizio del 2011, ha nuovamente mostrato come la questione cecena sia ancora lontana dall’essere risolta, nonostante la dura repressione operata da Ramzan Kadyrov. Mosca ora si sente minacciata dalla possibile espansione del terrorismo di matrice islamica nelle repubbliche del Caucaso settentrionale e da eventuali nuovi attentati nel cuore della stessa Russia.
Relativamente alle questioni di politica estera, una posizione di particolare rilievo è occupata dall’unione doganale: dal 1° gennaio 2012 Russia, Kazakistan e Bielorussia costituiscono un singolo spazio economico ed è prevista la costruzione di un’Unione Economica Euroasiatica entro il 2015. Lo scorso ottobre, il Kirghizistan ha dichiarato la sua intenzione di accedere all’unione doganale e anche i leader tagichi hanno mostrato interesse in tal senso; inoltre, qualora le pressioni russe sull’Ucraina affinché Kiev partecipi ai progetti di integrazione economica avessero esito positivo, Mosca potrebbe recuperare una notevole influenza economica su gran parte dell’area post-sovietica.
Sul piano energetico, il gasdotto Nord Stream, inaugurato lo scorso novembre, ha creato un collegamento diretto tra Russia e Germania attraverso il Baltico, rendendo le esportazioni di gas meno dipendenti da eventuali crisi energetiche tra Mosca e Kiev.
Anche l’ingresso della Russia nel’WTO ha rappresentato un successo sul piano internazionale ma rimane da affrontare l’ostacolo relativo alla ratifica della Duma sull’accesso all’organizzazione, il cui esito non è scontato.
Alcuni esperti hanno riscontrato analogie tra le recenti proteste post-elettorali in Russia e quanto era avvenuto all’inizio dello scorso anno nei paesi arabi e non escludono che il Paese possa seguire un percorso simile a quello intrapreso da Tunisia, Libia, Siria o Egitto. Tuttavia, secondo altri analisti, l’opposizione risulta troppo debole e frammentata rispetto all’establishment attuale, nonostante tutto ancora troppo forte per consentire lo sviluppo di una “primavera russa”. Inoltre, la maggior parte dei russi, temendo che con un’eventuale ribellione possa riproporsi il clima caotico che ha caratterizzato gli anni Novanta, diffida di idee e modelli politici importati dall’Occidente.
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