Amnesty International accusa Russia, Cina e Bielorussia della vendita di armi e munizioni al Sudan, dove vengono utilizzate contro la popolazione civile del Darfur.
Attraverso un documento intitolato “Sudan: nessuna fine in vista per il conflitto in Darfur”, Amnesty International accusa Russia, Cina e Bielorussia della vendita di armi - munizioni, elicotteri, aerei, missili terra-aria e veicoli blindati - al Sudan. A tal riguardo, Brian Wood, esperto di Amnesty International relativamente a questioni militari e di polizia, ha dichiarato: “Cina e Russia stanno vendendo armi al governo del Sudan pur sapendo perfettamente che molte di esse finiranno probabilmente per essere usate per commettere violazioni dei diritti umani in Darfur […] tutti i trasferimenti internazionali di armi al Sudan dovrebbero essere immediatamente sospesi e l’embargo Onu sulle armi dovrebbe essere esteso a tutto il territorio del paese”.
La prossima settimana, il Consiglio di sicurezza dibatterà sulle sanzioni attualmente vigenti nei confronti del Sudan e verranno ripresi anche i negoziati su un futuro Trattato sul commercio di armi, per impedire che gli embarghi delle Nazioni Unite continuino a essere aggirati e fare in modo che i governi si impegnino a porre fine ai trasferimenti qualora vi fosse il rischio di utilizzo delle armi per commettere o favorire gravi violazioni dei diritti umani o crimini di guerra.
Le munizioni per armi leggere prodotte in Cina sono usate in Darfur dalle Forze armate sudanesi (Fas), da altre forze di sicurezza nazionali e dalle milizie governative. Dalla Russia, tra il 2007 e il 2009, il Sudan ha ricevuto 36 nuovi elicotteri Mi-24. Amnesty International ha anche ottenuto prove dell’uso di missili terra-aria nel corso di attacchi avvenuti nel 2011, sia in Darfur sia altrove in Sudan: si tratta di missili compatibili con le dotazioni adatte agli elicotteri Mi-24 e agli aerei da attacco Su-25, che sono stati prodotti in una serie di ex repubbliche sovietiche.
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