Nel corso dei vent’anni successivi alla dissoluzione dell’Urss, la crescita non è stata omogenea e generalizzata nelle ex repubbliche sovietiche.
I 15 Stati indipendenti venutisi a creare in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica presentano, molte differenze, sia a livello politico, sia a livello economico. Le tre repubbliche baltiche - Lituania, Estonia e Lettonia - sono entrate velocemente a far parte dell’Unione Europea; Moldavia, Bielorussia e Ucraina sono ancora zone di confine, tra l’Europa e la Russia; sul fronte caucasico, la Georgia, rispetto ad Armenia e Azerbaijan, ha subito l’influenza occidentale; invece, in Asia centrale - Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan - risentono ancora della nebbia postsovietica.
I dati riportati di seguito, estratti da un giornale ucraino che ha di recente messo a confronto i prezzi delle ex repubbliche sovietiche, sebbene non offrano un quadro generale dell’andamento economico delle 15 ex repubbliche sovietiche, possono contribuire a mostrare quali, tra queste ultime, hanno saputo sfruttare al meglio la libertà che la caduta del muro ha comportato. A titolo esemplificativo: se nella capitale bielorussa, un litro di latte si acquista con mezzo dollaro, in Georgia, a Tbilisi, è necessario sborsarne più del triplo (2,10); attualmente a Mosca un appartamento si vende a 4.900 dollari al metro quadro mentre a Chisinau tale costo ammonta a 850 dollari; se a Kiev un litro di benzina costa 1,2 dollari, ad Ashgabat, capitale del Turkmenistan, costa soltanto 20 centesimi. Relativamente alle repubbliche baltiche, la situazione è particolarmente positiva in Estonia: se all’epoca della caduta del muro, il salario medio a Tallinn era di 14 dollari, oggi quest’ultimo ha raggiunto quota 788; sempre nella capitale dell’Estonia, la pensione, che nel 1991 era di 5,6 dollari, attualmente si attesta a 305.
I cinque Stan invece non presentano un miglioramento economico significativo: a Dushanbe, nel Tagikistan, lo stipendio medio è passato dai 15,8 dollari del 1991 agli 83 attuali e la pensione, da 1,8 a 20.
Si può quindi affermare che la caduta dell’Urss ha giovato alle piccole repubbliche baltiche che hanno potuto stabilizzarsi e accrescere gli standard, ma non è stata incisiva sul destino delle ex repubbliche asiatiche e caucasiche, che stanno ancora cercando una via per verso il progresso.
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