Per limitare l’uso delle anti-ecologiche borse della spesa in pvc, la Russia guarda al passato e ripropone l’avoska, il tipico sacchetto a rete sovietico.
Come hanno evidenziato le organizzazioni ecologiste, molti tipi di plastica sono pressoché indistruttibili e possono rimanere intatti fino a 400 anni, per questa ragione negli ultimi tempi si discutono le possibili soluzioni per ridurre l’uso dei sacchetti di plastica. A tal riguardo, mentre in Italia e in altri Paesi in Europa si pensa a un modo sostenibile di fare acquisti, grazie all’impiego della carta riciclabile e delle borse di tela riutilizzabili, in Russia si considera di tornare al passato: rinasce un marchio sovietico, quello relativo alla borsa in rete intrecciata e tascabile che, circa vent’anni fa, accompagnava sempre i sovietici nella loro vita quotidiana, l’avoska.
Nel corso degli anni ’90, con il crollo dell’Unione Sovietica, l’avoska smise di circolare e venne rimpiazzata dalla busta di plastica usa e getta in pvc. La scomparsa dell’avoska dalla vita quotidiana comportò la chiusura delle fabbriche che la producevano e che offrivano un posto di lavoro a persone ipovedenti: secondo le statistiche 9 borse su 10 venivano realizzate da persone non vedenti.
Di recente alcuni imprenditori russi socialmente attivi hanno dato il via a un progetto chiamato l’avoska della speranza, lanciato dall’Associazione russa di persone con disabilità, per garantire l’uguaglianza lavorativa alle persone diversamente abili e offrire nuovamente alle persone ipovedenti la possibilità di guadagnarsi da vivere lavorando alla produzione della borsa dell’Unione Sovietica, riproposta con alcune modifiche atte a renderla più pratica e più attraente a livello estetico: oggi si può portare anche in spalla, viene realizzata con colori vivaci ed è provvista di manici in pelle.
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